di Enzo Bianchi* (Pregare la Parola, Gribaudi Editore, 1994, pp 88-89)
Già nell’antica economia di Israele, si pregava con la Parola e si ascoltava la Parola nella preghiera. Puoi vedere la descrizione di questa prassi comunitaria leggendo il c. 8 di Neemia. Tale metodo che prevede la lettura, la spiegazione e la preghiera diventò il modo classico giudaico della preghiera che anche il cristianesimo ha ereditato (cf. 2 Timoteo 3,14-16), metodo non descritto ma testimoniato in diversi luoghi del Nuovo Testamento.
Generazioni di cristiani hanno continuato a pregare così, senza cedere a una pietà non biblica e non riconoscente la signoria assoluta della Parola nella vita di preghiera della chiesa. Tutti i Padri della chiesa d’oriente e d’occidente hanno praticato questo metodo della lectio divina, invitando i fedeli a fare altrettanto nelle loro case, e consegnandoci i loro splendidi commenti della Scrittura che ne erano il frutto essenziale.
Che dire poi dei monaci? Questi ne hanno fatto il centro della loro vita nei deserti e nei cenobi chiamandola l’ascesi del monaco, il suo cibo quotidiano, sicuri che «non di solo pane vive l’uomo, ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio» (cf. Deuteronomio 8,3 e Matteo 4,4). A un certo punto si è anche sentita l’esigenza di fissare per iscritto il metodo, in modo da aiutare i neofiti a quest’acquisizione della Parola nello Spirito che non solo santifica ma anche divinizza.
Origene proponendo la theìa anâgnosis alla scuola dei rabbini ebrei, Girolamo ritmando la lettura con l’orazione, Cassiano illustrando la meditatio, Guigo II Certosino indicandola quale «Scala del Paradiso» per i monaci, Bernardo cantandola come miele per il palatum cordis, Guglielmo di Saint-Thierry nella Lettera d’oro e tanti altri hanno fissato i termini dellalectio divina stimolando i credenti a percorrerla come via aureadel dialogo e dell’ineffabile colloquio con Dio. Fino al 1300 questo metodo ha davvero nutrito la fede di generazioni intere e ancora Francesco d’Assisi la praticava con costanza. Ma poi nel basso Medioevo si assiste a una deformazione della lectio divina con l’introduzione dellaquaestio e della disputatio. Sono secoli di eclisse di questa preghiera che apriranno alla devotio moderna e alla meditatio loyoliana, orazione più introspettiva e psicologica. Soltanto nei monasteri e presso i Servi di Maria questo metodo sarà conservato integro per riapparire epifanicamente proposto dal concilio Vaticano II nella Dei Verbum 25: «È necessario che tutti conservino un contatto continuo con le Scritture mediante la lectio divina…,mediante la meditatio accurata e si ricordino che la lettura va accompagnata con l’oratio».
Certamente è stato lo Spirito santo che ha voluto che questa forma di ascolto e di preghiera della Bibbia non andasse persa durante i secoli.
* Priore della Comunità Monastica di Bose